Un aspetto importante della ricostruzione del seno è la sua realizzazione “immediata”, cioè contestualmente all’intervento in cui i chirurghi generali, tolgono il tessuto mammario colpito da tumore, oppure è “differita”, rimandata cioè ad un momento successivo.
E’ universalmente riconosciuto che la ricostruzione immediata è di gran lunga la migliore per la paziente, per il suo benessere psicologico e morale, poiché attenua il senso di perdita del seno e non costringe una donna a convivere per mesi con un corpo che sente e vede amputato.
Tuttavia, non è mai troppo tardi per procedere ad una ricostruzione mammaria.
Esistono varie situazioni in cui si interviene per eseguire una ricostruzione del seno:
In queste condizioni si può parlare di ricostruzione mammaria propriamente detta.
Esistono altresì delle situazioni in cui è possibile togliere il tumore asportando solo uno dei quattro quadranti del seno, in questo caso si può parlare invece di “quadrantectomia“ e di ricostruzione oncoplastica.
In caso di mastectomia sarà ovviamente necessario reintegrare, secondo le parti tolte, solo il volume mammario o anche il rivestimento cutaneo.
Per quanto riguarda la cute le possibilità sono due: si reintegra il difetto cutaneo con l’apporto di tessuto mediante il trasferimento di lembi di cute da altre parti del corpo, oppure si ricorre alla espansione della cute toracica rimasta dopo l’asportazione della ghiandola mammaria, inserendo un espansore sotto il muscolo pettorale che viene nelle settimane successive gonfiato in ambulatorio.
Per il reintegro del volume mammario invece si può ricorrere o a tessuti autologhi (lembi) oppure alle protesi mammarie.
Non esiste una metodica di ricostruzione in assoluto migliore delle altre e quindi consigliabile in tutti i casi: per ogni paziente va individuata quella più appropriata.
Alcune tecniche, come ad esempio il DIEP, il Lembo Gran Dorsale o il TMG possono reintegrare contemporaneamente sia il rivestimento cutaneo che il volume e quindi ricostruire in “un sol tempo” chirurgico il seno.
Anche quando è stato possibile risparmiare la cute e si richiede solo il reintegro del volume si potrà sempre ricorrere all’uso di tessuti autologhi (lembo DIEP solo adiposo senza la cute) senza dover usare le protesi mammarie.
Talvolta, sebbene vi sia disponibilità di trasferimento dei suddetti lembi, essi non sono sufficienti a reintegrare il volume mammario e bisogna ricorrere a delle “tecniche miste” che utilizzano i tessuti autologhi con protesi (Lembo Gran Dorsale con protesi, Wise pattern+protesi etc.): lo scopo è di restituire il seno in un solo atto chirurgico contemporaneo alla asportazione stessa.
In altre circostanze invece per mancanza dei tessuti necessari non è possibile utilizzare i lembi né per il reintegro del volume e nemmeno per il reintegro cutaneo, in questi casi sarà ancora possibile ricostruire il seno, ma bisognerà ricorrere alla tecnica degli espansori e protesi, che prevede necessariamente “due tempi” chirurgici lontani tra loro.
Nella prima fase si inserisce un espansore, una sorta di serbatoio in silicone che, introducendo del liquido settimana dopo settimana, espande la cute sul torace.
La seconda fase interviene mesi dopo, sostituendo l’espansore con la protesi definitiva.
Nel caso in cui i medici decidano invece che sia possibile evitare la mastectomia totale, ricorrendo alla quadrantectomia per togliere solo la parte malata della ghiandola, si può “ricomporre” la rimanente parte della coppa in modo adeguato ad ottenere un buon risultato estetico, talvolta sovrapponibile ad un intervento estetico per la riduzione del seno.
Non è da escludere che per molte donne la ricostruzione possa addirittura concludersi con un aspetto del seno esteticamente migliorato, più giovanile, più sodo e sollevato.
La mastectomia sottocutanea consiste nell’asportazione dell’intera ghiandola mammaria preservando intatta la pelle sovrastante.
Si procede alla ricostruzione immediata in quanto, se non si integra rapidamente il volume asportato, la retrazione cicatriziale della pelle rende difficile la ricostruzione in un secondo tempo.
La protesi viene posizionata al di sotto dei muscoli del torace, in particolar modo il grande pettorale.
Si possono usare protesi definitive oppure protesi espandibili.
In molti casi è necessario un secondo intervento per modellare e riadattare la mammella del lato opposto sulla quale si esegue una mastoplastica riduttiva o una mastopessi.
La quadrantectomia consiste nell’asportazione di un quadrante della mammella che comprende la parte di ghiandola interessata dalla malattia e che include la pelle sovrastante.
La mammella residua viene successivamente sottoposta a radioterapia.
Normalmente la quadrantectomia lascia buoni risultati dal punto di vista estetico.
Vi sono però delle situazioni (15 -20 %) in cui gli esiti sono sfavorevoli.
Correggere queste situazioni dopo il trattamento radiante presenta non poche difficoltà per lo scarso trofismo ed elasticità dei tessuti irradiati.
La situazione ottimale è la correzione immediata.
A seconda della deformità si possono adottare vari provvedimenti:
La mastectomia radicale consiste nell’asportazione dell’intera mammella inclusa la pelle e nell’asportazione dei muscoli pettorali (m. radicale sec. Halsted) oppure risparmiando il muscolo grande pettorale (m.radicale modificata).
La ricostruzione si può realizzare secondo tre tecniche di trattamento: Tessuto autologo cioè della paziente stessa (lembi muscolo-cutanei), con espansori cutanei e/o protesi, con lembi e protesi.
Nei casi in cui il muscolo pettorale sia conservato e la pelle sovrastante è sufficientemente trofica e abbondante per ricoprire un cono mammario è possibile la ricostruzione con il solo inserimento di una protesi mammaria definitiva.
Questa soluzione si può però attuare raramente.
Più frequentemente vengono inserite delle protesi espandibili, che vengono collocate anch’esse sotto il piano muscolare e successivamente espanse con soluzione fisiologica per incrementare lo spazio della mammella ricostruita.
Questo tipo di protesi si utilizza in genere quando il volume da ricostruire è contenuto.
Gli espansori mammari oggi vengono largamente usati sia nella ricostruzione post mastectomia immediata, sia in quella differita.
Il loro impiego permette di dare una forma piu naturale alla mammella ricostruita.
L’espansore viene posto sotto il grande pettorale e sotto il bordo mediano del muscolo dentato, un altro muscolo toracico.
Una volta inserito, esso viene riempito di soluzione fisiologica nel corso delle settimane successive, di solito per un paio di mesi, attraverso una valvola inserita nell’espansore stesso fino a raggiungere il volume desiderato.
Questo determina una distensione dei tessuti e la creazione di una tasca sufficiente ad accogliere la protesi.
Durante le ore successive al gonfiaggio dell’ espansore si possono avvertire fastidi e senso di tensione mammaria.
Raggiunto il volume desiderato, si aspettano altri 5-6 mesi per permettere un adattamento dei tessuti della paziente.
Nel secondo intervento si asporta l’espansore e lo si sostituisce con la protesi definitiva, dopo aver eseguito l’ asportazione della sua capsula.
Ad oggi più di 3 milioni di donne sono portatrici di protesi contenenti gel di silicone.
Questa tecnica viene usata quando non è disponibile un’adeguata quantità di cute di buona qualità per coprire una protesi mammaria.
Il lembo, che comprende anche la fascia muscolare, viene disegnato partendo dal solco sottomammario e viene esteso lateralmente.
Viene trasferito ruotandolo di circa 90° per riempire la zona cicatriziale.
Viene poi posizionata una protesi sotto il piano muscolare poiché il muscolo è molto sottile e non garantisce volume a sufficienza.
Questa tecnica permette di risolvere senza espansione in unico tempo una ricostruzione mammaria. Gli esiti cicatriziali sono piu ampi ma rimangono in gran parte circoscritti nella coppa del reggiseno.
L’utilizzo di questo lembo è riservato alle situazioni in cui c’è la necessità di reintegrare sia la pelle che il muscolo, sostituendo cosi il muscolo grande pettorale che può essere atrofico in seguito a trattamenti radianti o addirittura assente per demolizioni piu radicali.
Generalmente bisogna integrare il volume anche con una protesi.
Il lembo di gran dorsale è una valida alternativa alla ricostruzione con il muscolo retto addominale anche se è maggiormente adatto a ricostruire mammelle non molto voluminose o a reintegrare deficit vistosi di quadrantectomie.
Questa tecnica permette di ricostruire una mammella di volume importante e adeguarla a una mammella controlaterale ptosica (cadente) e voluminosa.
E’ infatti possibile trasferire nella regione mammaria un’ampia area di cute e tessuto adiposo posta nella parte inferiore dell’addome, al di sotto dell’ombelico.
I vantaggi di questo lembo sono i seguenti:
Questa tecnica ha però diversi svantaggi:
• un’estesa cicatrice addominale orizzontale nella sede donatrice del lembo;
• la debolezza della parete addominale con possibilita di laparoceli (ernie) secondari;
• Il tempo operatorio è lungo, 4-5 ore.
Esistono poi delle controindicazioni: grande obesità, fumo, diabete, turbe microvascolari.
Questa tecnica permette di ricostruire una mammella di piccolo volume e il capezzolo in un unico tempo.
E’ infatti possibile trasferire nella regione mammaria un’area di cute con tessuto adipose e muscolo posta nella parte superior dell’interno coscia.
I vantaggi di questo lembo sono i seguenti:
un buon risultato estetico con un capezzolo già ricostruito; non si utilizzano protesi ma solo tessuti della paziente stessa, aver effettuato un lifting della coscia da dove viene prelevato il lembo.
Questa tecnica ha parimenti diversi svantaggi:
• un’estesa cicatrice inguinale trasversale nella sede donatrice del lembo;
• cute con pigmentazione più scura di quella del torace;
• l’inadeguatezza del lembo per ricostruire mammelle di medie e grandi dimensioni;
• Il tempo operatorio è lungo, 3-4 ore.
Controindicazioni: grande obesità, fumo, diabete, turbe microvascolari.
La ricostruzione mammaria, se si esclude la tecnica con il lembo muscolocutaneo di muscolo retto dell’addome, conduce ad una mammella conica e non ptosica.
Ne consegue che molto spesso per ovviare a questa asimmetria si debba intervenire sulla mammella controlaterale (del lato opposto) nei seguenti modi:
Correggendone il grado di ptosi mediante mastopessi (lifting del seno) di bilanciamento; riducendone il volume con una vera e propria mastoplastica riduttiva; aumentandone il volume con una mastoplastica additiva calibrata.
E’ preferibile eseguire la simmetrizzazione della mammella controlaterale in un secondo tempo chirurgico, dopo almeno sei mesi dal primo, per permettere alla mammella controlaterale una stabilizzazione del risultato.
Vi sono poi diverse alternative tecniche quali l’impiego di due muscoli retti insieme, per poter trasferire maggior quantità di tessuto possibile, oppure l’utilizzo di tecniche microchirurgiche (Lembo DIEP) per poter risparmiare tessuto muscolare e diminuire il rischio di laparoceli secondari (ernie addominali).
L’ intervento non va eseguito in pazienti gravide. Un mese prima va sospesa l’ eventuale terapia estroprogestinica (pillola) per diminuire i rischi di tromboembolia, e parimenti il fumo.
Due settimane prima si dovrà sospendere l’ assunzione di sostanze contenenti acido acetilsalicilico (aspira, ecc.).
In taluni casi il Dr. Grassetti riterrà opportuno di farvi eseguire una o due donazioni di sangue qualora fossero necessarie nel corso dell’ intervento o nel post operatorio al fine di ridurre l’ anemia.
Il giorno precedente l’ intervento deve essere effettuato un bagno di pulizia completo, rimosso lo smalto dalle unghie di mani e piedi, depilate le ascelle.
Prima dell’ intervento va osservato digiuno di almeno 8 ore.
Nel periodo post operatorio potrà essere avvertito in regione pettorale un certo dolore, controllabile con i comuni analgesici, che regredirà nel giro di pochi giorni.
I drenaggi in aspirazione vengono rimossi quando la quantità di liquido drenato nelle 24 ore sarà inferiore ai 30-40 ml.
Nel caso di ricostruzione con protesi/espansore, si dovrà indossare un reggiseno elastico contenitivo con allacciatura anteriore, da acquistare prima del ricovero.
Esso deve essere provvisto anche di una fascia elastica dall’alto verso il basso e va indossato per i due mesi successivi all’ intervento, allo scopo di mantenere in sede l’ impianto fino alla formazione della capsula periprotesica.
Per i primi 4 giorni post operatori è raccomandato il riposo con particolare attenzione alle manovre che coinvolgano i muscoli pettorali quali forzare sulle braccia per alzarsi dal letto o sollevare pesi.
A letto è opportuno riposare col busto rialzato.
Si dovrà evitare il fumo sia per possibilità di sanguinamento che per stimolazione della tosse.
Per le prime due settimane va evitata la guida di veicoli.
I primi punti di sutura vengono rimossi 7-10 giorni dopo l’ intervento, allorquando potrà essere effettuata la prima doccia.
Per circa un mese dovrà essere evitato ogni tipo di attività sportiva.
Possono essere di carattere generale, come in tutti gli interventi chirurgici: ematoma, sieroma, infezione, la riapertura spontanea della ferita e la diminuzione della sensibilità della pelle.
L’ematoma, se di grande entità, può anche comportare un ritorno in sala operatoria per drenarlo.
Ci sono poi complicanze specifiche del tipo di intervento praticato.
Nel caso della ricostruzione con tessuti autologhi, si potrà verificare, seppur raramente, la necrosi del lembo (fino al 5% dei casi) che può comportare il ritorno in sala operatoria, la liponecrosi autorisolventesi, la difficoltà nella guarigione delle ferite, asimmetrie nelle mammelle, ernie post operatorie nel caso di prelievo del muscolo retto dell’ addome (laparocele secondario).
Se si è invece optato per una ricostruzione con materiale protesico, si può assistere a contrattura della capsula periprotesica (fino al 20% dei casi), dislocazione, esposizione e raramente rottura della protesi, tutte evenienze che, seppur rare, possono anche comportare il ritorno in sala operatoria a distanza di settimane o mesi dal primo intervento.
L’ultimo passo della ricostruzione mammaria è la ricostruzione del complesso areola-capezzolo che viene eseguita quando le mammelle sono ben simmetrizzate e stabili.
Il capezzolo si può ricostruire utilizzando il capezzolo controlaterale: se quest’ ultimo è grosso e molto sporgente se ne può prelevare la metà e trapiantarlo come innesto libero nella nuova sede.
In alternativa sono stati descritti numerosi metodi che utilizzano piccoli lembi locali prelevati dalla cicatrice stessa della mastectomia, i quali, ruotati, simulano l’aspetto di un capezzolo e che rappresentano la tecnica preferita dal Dr. Grassetti.
La proiezione del capezzolo tende a diminuire anche di oltre la metà di quella originaria nell’ anno successivo all’ intervento!
L’areola può essere ricostruita o con un innesto un innesto cutaneo prelevato alla radice della coscia, oppure si possono ottenere buoni risultati con la dermopigmentazione mediante tatuaggio.
Quest’ultima presenta il vantaggio di non richiedere una sala operatoria e soprattutto di non aggiungere altre cicatrici, ma tende a scolorire nel tempo più rapidamente rispetto all’altra metodica sopra descritta.
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I risultati individuali possono variare, ogni paziente è unico, nessuna tecnica è mai identica per tutti i casi. Le foto e i video del prima e del dopo, non garantiscono che i tuoi risultati saranno gli stessi o simili. Ciascuno infatti avrà un risultato unico nel suo genere.