Mastoplastica Additiva

LA MASTOPLASTICA ADDITIVA NON CAMBIA IL MODO IN CUI GLI ALTRI SI RELAZIONERANNO CON TE.
IL SENO NON SARÀ MAI COMPLETAMENTE NATURALE, POICHÉ UN SENO NATURALE NON HA UNA PROTESI MAMMARIA.

Il Dr. Grassetti usa esclusivamente protesi mammarie altamente performanti (non ha mai usato le protesi mammarie PIP) e usa solo gli impianti approvati dalla Food and Drug Administration per l’aumento del seno, nello specifico delle ditte Polytech, BLite, Motiva e Mentor, garantite a vita.

 

Cause di un seno piccolo

La dimensione del seno è geneticamente determinata. Una volta sviluppato, il seno può variare nelle dimensioni in risposta ai cambiamenti di peso, la gravidanza e l’allattamento al seno.

Il processo di invecchiamento provoca la graduale caduta del seno per l’indebolimento dei legamenti sospensori del Cooper (chiamata ptosi).

Questo effetto è maggiore in seguito a una gravidanza, allattamento e in particolare dopo una grande perdita di peso.

La maggior parte delle donne ha seni di dimensioni leggermente diversi, ma di tanto in tanto si può trovare anche una differenza molto marcata.

Raramente comunque le due mammelle risultano perfettamente simmetriche sia per forma che per volume.

 

Ingrandimento del seno

Il seno può essere ingrandito posizionando un impianto sia sotto al tessuto mammario che dietro al muscolo su cui giace il seno.

Generalmente si preferisce inserire le protesi sotto la ghiandola quando lo spessore dei tessuti garantisce un’adeguata copertura della stessa.

Vengono invece inserite sotto al muscolo pettorale in pazienti magre o con ghiandole poco rappresentate.

Una tecnica più recente prevede il posizionamento “dual plane”, ovvero sotto al muscolo in alto e sotto la ghiandola in basso.

In alcuni casi trova inoltre indicazione la tecnica “inverted dual plane”, descritta dal Dr. Grassetti e dal Prof. Di Benedetto sul libro “Cosmetic Surgery: Art and Technique”, Part IV – Cosmetic Surgery, chapter 36 (pg 571-583). Shiffmann M. A., Di Giuseppe A. Eds. Springer 2013.

Gli impianti sono generalmente inseriti attraverso quattro tipi di incisione: dal solco sotto mammario, attraverso l’ascella (*),intorno all’areola e, raramente, dall’ombelico.

La scelta della sede dell’incisione viene concordata prima dell’intervento e dipende dalla situazione anatomica locale (dimensioni dell’areola, definizione del solco sottomammario), dal tipo e soprattutto dalle dimensioni delle protesi scelte, dalle preferenze della paziente.

Il Dr. Grassetti non utilizza la tecnica di introduzione delle protesi attraverso l’ombelico per vari motivi: a causa del limitato accesso consentito dal tunnel sottocutaneo che collega l’ombelico alla mammella è possibile impiantare solo protesi contenenti soluzione fisiologica, ergo con consistenza meno naturale, in alcune circostanze causanti rumore dovuto al movimento del liquido, determinando un senso di freddezza al seno e avendo tendenza a perdere liquido e quindi volume nel tempo.

Inoltre l’allestimento della tasca mammaria viene effettuato da una posizione lontana che non permette una padronanza della simmetria del risultato né un controllo tempestivo e senza sequele (ematomi) delle complicanze come i sanguinamenti intra-operatori.

Vale a dire che verrebbe meno il concetto di operare nella massima sicurezza per la paziente, che ha invece sempre ispirato l’operato in scienza e coscienza del Dr. Grassetti.

Infine, qualsiasi procedura di revisione che non può essere praticata attraverso l’accesso ombelicale, richiederà un accesso tradizionale e quindi una nuova cicatrice in luogo di riutilizzare quella vecchia.

L’intervento di mastopessi (lifting del seno) può essere associato all’impianto delle protesi nei casi in cui il seno oltre che piccolo sia eccessivamente rilassato, cioè ptosico.

 

Approfondimenti:

Nella fase di consulto discuterai anche sulla dimensione preferita approssimativa dopo l’intervento.

Un’idea del risultato può essere ottenuta con la simulazione 3D in sede di visita, con il posizionamento di protesi esterne direttamente sul seno oppure con il test del riso che potresti già eseguire a casa.

Per fare questa prova, metti un po’ di riso crudo in un sacchetto freezer (o simili).

Posizionalo poi all’interno di un reggiseno (non imbottito) simile al tipo che di solito indossi, e misura la dimensione della tazza desiderata.

Inizia con 300 grammi di riso e aggiungi o rimuovi alcuni grammi finché non sarai soddisfatta con l’apparenza.

Indossalo per tutti i tipi di attività quotidiane che sei solita fare.

Il volume effettivo dell’ impianto utilizzato dipenderà dall’elasticità della pelle, dalla quantità di tessuto mammario che si ha già e dal giudizio del Dr. Grassetti circa quello che sarà un aspetto naturale e appropriato, in base a misure di ampiezza del torace e consistenza della ghiandola mammaria che saranno calcolate con cura prima dell’ intervento.

L’intervento non va eseguito in pazienti gravide o in allattamento ed è preferibile evitare il periodo del ciclo mestruale.

Prima dell’operazione ti verranno chiesti i referti dell’ecografia mammaria o della mammografia: essi infatti hanno il duplice scopo di accertare l’eventuale presenza di tumori mammari e di ottenere un confronto utile per i futuri accertamenti diagnostici che verranno eseguiti negli anni successivi all’intervento.

Non dovrebbero essere presi per due settimane prima di un intervento chirurgico né aspirina né farmaci contenenti acido acetilsalicilico, così come l’assunzione di anticoagulanti orali va adeguatamente sostituita con eparine a basso peso molecolare concordando il tutto col Medico Curante.

Un mese prima dell’ intervento va sospesa la terapia estroprogestinica (pillola anticoncezionale) se ne fai uso: questo per diminuire ulteriormente i rischi di trombosi venose profonde alle gambe.

Se fumi dovresti ridurre per una settimana prima dell’intervento chirurgico la quantità di sigarette e smettere di fumare completamente tre giorni prima dell’intervento chirurgico per ridurre la probabilità di complicanze post-operatorie.

È consigliabile procurarsi sin da subito un reggiseno elasto-compressivo con apertura anteriore a fascia alta, con annessa una fascia elastica contenitiva dal basso verso l’alto, avendo cura di concordare con la sanitaria la possibilità di cambiarlo qualora la taglia acquistata non fosse perfettamente adeguata al “nuovo seno”.

La sera prima va effettuata un’accurata doccia di pulizia, depilata con rasoio completamente la regione ascellare, asportato lo smalto da mani e piedi.

Osservare il digiuno di almeno 8 ore prima dell’ intervento.

L’intervento può essere eseguito in anestesia generale oppure in anestesia locale più sedazione, in relazione al caso clinico e alla tecnica operatoria prestabilita.

L’intervento può durare da una a due ore.

Una protesi mammaria è fatta di gel di silicone altamente coesivo rivestito da un “guscio” esterno di consistenza variabile a seconda della tesaurizzazione e del materiale di rivestimento (ad esempio poliuretano).

Esistono impianti rotondi, anatomici “a goccia” ed ergonomici.

Questi ultimi si caratterizzano per la morbidezza del gel di silicone che nella posizione eretta scivola inferiormente, mentre nella posizione supina tende a spostarsi lateralmente conferendo al seno un risultato molto naturale.

In tutti i casi si possono garantire ottimi risultati e la scelta dipenderà dalle condizioni anatomiche di partenza, motivo per cui ogni seno sarà unico nel suo caso.

La vita media di una protesi mammaria è attualmente stimabile in 15-25 anni, sebbene possa rimanere in sede senza problemi per un tempo molto più lungo.

Qualunque sia il riempimento dell’impianto, lo strato esterno è realizzato in silicone.

Alcuni anni fa si sospettava che le protesi mammarie al silicone potessero causare malattie tumorali o autoimmuni e potessero mascherare la presenza di eventuali tumori della mammella in corso di mammografia.

Studi allargati a grandi numeri di donne portatrici di protesi contenenti gel di silicone nel corso di più di trenta anni hanno ben dimostrato che:

  • le protesi non influiscono in alcun modo sullo sviluppo, né sulla cura di alcun tumore;
  • non esiste prova che le protesi abbiano direttamente causato una malattia autoimmunitaria come ad esempio l’artite reumatoide;
  • la presenza di protesi mammarie non ostacola l’indagine mammografica. Si deve solo informare il tecnico di radiologia. Eventuali difficoltà diagnostiche incontrate in corso di mammografia possono comunque essere facilmente superate da un radiologo esperto semplicemente tramite alcune manovre particolari e proiezioni aggiuntive oltre che, ove necessario, mediante una risonanza magnetica nucleare.

Tuttavia, negli ultimi anni, si è osservato un’associazione tra protesi testurizzate al silicone e Linfoma Anaplastico a Larghe Cellule (ALCL), vale a dire un Linfoma non-Hodgkin che si sviluppa a carico dei linfociti T del sistema immunitario e quindi non dalla ghiandola mammaria.

Va sottolineato che, a fronte di milioni di protesi mammarie impiantate, il numero dei casi di ALCL è talmente basso (1 su 500.000) che non offre dati statisticamente significativi per correlare la presenza della protesi mammarie con questa patologia e pertanto le protesi mammarie continuano ad essere considerate sicure dal Ministero della Salute e dalla FDA.

Qualora a distanza di almeno 6 mesi dall’impianto (più frequentemente attorno ai 7 anni dall’ intervento), si avverta la comparsa di “liquido” periprotesico spontaneamente (senza infiammazione, né traumi, localizzato tra l’impianto e la capsula protesica), confermato da ecografia o risonanza magnetica nucleare, è pertanto utile eseguire un ago-aspirato di almeno 20 cc di tale liquido e mandarlo ad analizzare per ricercare le cellule ALCL.

In caso di esito positivo, si procederà alla rimozione della protesi, del liquido e della capsula, e impianto di nuova protesi non testurizzata. Nessun altro trattamento è necessario.

Qualora vengano posizionati i drenaggi, questi verranno rimossi dopo 48-72h, quindi prima della dimissione.

Si potrà avvertire un lieve dolore in regione pettorale, più accentuato qualora gli impianti siano stati posizionati sotto al muscolo. Esso regredirà in ogni caso nel giro di pochi giorni.

Dopo l’intervento sarà necessario indossare per un mese giorno e notte, e per un altro mese di giorno, un reggiseno elastocompressivo del tipo sportivo con allacciatura anteriore e con fascia elastica contenitiva che spinga dall’alto verso il basso.

Questo finché l’organismo non abbia prodotto quel sottile strato di capsula periprotesica, che servirà a tenere in corretta posizione le protesi per tutta la loro durata.

Un rialzo febbrile è spesso segnalato nei primi giorni post-operatori: è una normale reazione del sistema immunitario, ma va comunque segnalata al chirurgo.

Per i primi 4 giorni dopo l’ intervento è raccomandato il riposo assoluto dei muscoli pettorali: non forzare sulle braccia per alzarsi dal letto, non sollevare pesi, non fare ampi movimenti con le braccia.

A letto è bene riposare con il busto rialzato.

Per la prima settimana sarà vietato guidare la macchina.

In caso siano stati posizionati alcuni punti cutanei, questi verranno rimossi dopo una settimana.

A questo punto si potrà effettuare la prima doccia (non il bagno!)

Per i primi 10 giorni sarà invece raccomandato un riposo domestico, evitando sempre sforzi ai muscoli pettorali, effettuando invece passeggiate anche all’ aria aperta.

L’ attività lavorativa potrà essere ripresa dopo 10 giorni, salvo in caso di importante impegno manuale.

Per circa un mese dovrà essere evitato ogni tipo di attività sportiva e l’esposizione al Sole o fonti di calore (sauna, lampade solari, ecc.).

Dovrà inoltre essere evitata la posizione prona (a pancia in giù) durante la notte.

Si dovrà inoltre cominciare a massaggiare il seno autonomamente su indicazione del Dr. Grassetti.

Dopo due mesi, alla fine cioè del processo di formazione della capsula periprotesica, si potrà tornare alla normale vita quotidiana compresa l’attività sportiva.

Si raccomanda di segnalare sempre la presenza di protesi alle successive visite senologiche e di radiodiagnostica.

Conservare ed esibire inoltre il documento identificativo degli impianti.

Come in ogni intervento chirurgico, seppur di modesta entità ed eseguito su pazienti in buone condizioni di salute, si possono verificare:

  • un lieve sanguinamento della ferita rientra nella normalità. Se di entità importante può richiedere un re-intervento chirurgico;
  • infezione della ferita. Si manifesta con dolore, gonfiore, calore e arrossamento della pelle, accompagnati o meno da febbre. Qualsiasi infezione che può verificarsi nel tessuto intorno all’impianto può solitamente essere trattata con antibiotici e medicazioni locali, ma può anche, seppur raramente, richiedere la rimozione chirurgica della protesi e l’attesa di alcuni mesi prima del loro reinserimento;
  • la comparsa di un ematoma nelle prime ore dopo l’intervento è rara e viene trattata con drenaggio immediato o aspirazione (donde l’importanza del posizionamento di un drenaggio di sicurezza). Si può tuttavia verificare fino a una settimana dopo l’intervento. Si manifesta con forte dolore e repentino aumento di volume e durezza del seno che vanno segnalati immediatamente al Chirurgo, nonché comparsa di lividi sulla cute soprastante nei giorni successivi. Se di modesta entità si riassorbe anche spontaneamente. Se più grande può richiedere l’evacuazione anche mediante riapertura della ferita, asportazione della protesi e suo inserimento dopo aver fermato il sanguinamento;
  • la formazione di sieromi consiste nell’accumulo attorno alla protesi di un liquido giallo e trasparente chiamato siero, del tutto simile a quello che si forma nelle vescicole e bolle degli ustionati. Piccole quantità si riassorbono spontaneamente, mentre raccolte più cospicue che si dovessero formare quando i drenaggi non siano più presenti possono richiedere l’ aspirazione o il drenaggio chirurgico come nel caso degli ematomi importanti;
  • deiscenza (riapertura) della ferita è molto rara. Guarisce di solito spontaneamente con le medicazioni ambulatoriali; più raramente può richiedere una nuova sutura. E’ più frequente nei pazienti diabetici e fumatori. Ancor più raramente può comportare esposizione della protesi;
  • necrosi cutanea e del complesso areola capezzolo. E’ una circostanza molto rara e dovuta per lo più a problemi non segnalati al momento della visita o a pazienti fortemente fumatrici. Possono anche comportare un trattamento chirurgico.
  • Contrattura della capsula periprotesica. In circa il 5% dei casi si verifica una reazione eccessiva dell’organismo e la capsula attorno alla protesi subisce un progressivo ispessimento e si contrae. La contrazione può essere tale da causare una sensazione di tensione dolorosa alla paziente e talora un’alterazione della forma della mammella sei o più mesi dopo la chirurgia. Può anche arrivare a far migrare la protesi verso l’alto e lateralmente. Grazie all’utilizzo di protesi di nuova testurizzazione si è scesi a una percentuale del 2% di contrazioni capsulari e, ancor meno, se si utilizzano protesi in poliuretano. Qualora la retrazione sia di grado severo, può essere opportuno procedere con un intervento correttivo consistente nella sua incisione e asportazione, sperando che la futura capsula si sviluppi normalmente;
  • Rottura protesica. Complicanza molto rara e associata a traumi ad alta energia cinetica come gli incidenti stradali oppure malattie del metabolismo lipidico del paziente per cui i lipidi dell’organismo si legano al silicone della protesi indebolendola. Il rilievo di variazioni nella forma o nella consistenza del seno devono indurre la paziente a contattare il Chirurgo. Un sintomo talora presente è il bruciore più che il dolore. Qualora il sospetto di rottura venisse confermato dagli esami ecografico e risonanza magnetica nucleare (necessaria nelle rotture intracapsulari posteriori), sarà necessario procedere alla sostituzione della protesi;
  • Fuoriuscita di silicone può verificarsi sia come infiltrazioni lente, o seguente la rottura dell’impianto. Con i gel altamente coesivi delle protesi di nuova generazione questo problema si è ridotto moltissimo. Questo silicone inoltre è quasi sempre contenuto all’interno della capsula fibrosa che il corpo forma attorno all’impianto anche qualora questo si dovesse rompere. Dispersione di silicone comunque non è mai stato dimostrato in grado di causare seri problemi di salute;
  • Dislocazione e rotazione. Lo spostamento della protesi è raro e si verifica per lo più nei primi due mesi, quando si va formando la capsula. Se si disloca una protesi anatomica, crea alterazioni della forma e va riposizionata manualmente dal Chirurgo, se necessario anche in sala operatoria.
  • Esposizione della protesi. Evento molto raro in un intervento ben eseguito. Si può verificare in seguito ad infezioni o alla diastasi della ferita. Sarà necessario rimuovere la protesi ed attendere sei mesi prima di reinserirla.
  • La sensibilità dei capezzoli e delle areole può diminuire per alcune settimane in base alla tecnica utilizzata, in alcuni casi rari anche permanentemente.
  • Double-Bubble deformity. Deformità del polo inferiore del seno che assume un aspetto a doppio profilo, dovuto alla memoria del pre-esistente solco sottomammario che crea un indentamento della cute più in alto rispetto al nuovo solco creato dal chirurgo. Questo nuovo solco sottomammario viene infatti allestito più in basso per permettere un corretto alloggiamento di un impianto di idonee dimensioni in un seno in cui purtroppo la distanza tra il cappezzolo e il solco sottomammario sia particolarmente corta (3-4 cm), ovvero un polo inferiore costituzionalmente poco sviluppato o peggio ancora costretto come nel “seno tuberoso”. E’ più frequente nel posizionamento sottomuscolare della protesi mammaria e se si utilizza un impianto di grandi dimensioni. Anche la contrattura capsulare o la migrazione dell’ impianto verso l’alto possono facilitare la creazione di questa deformità. La correzione di tale difetto può comportare anche il ritorno in sala operatoria per “allentare” le connessioni orizzontali tra il derma e la fascia superficiale, oppure per creare un tasca dual plane di tipo III (fino al bordo superiore dell’areola) per permettere alla pelle del polo inferiore di redistribuirsi e aumentare la distanza tra capezzolo e solco sottomammario in tutti quei casi in cui il posizionamento sottoghiandolare non sia consigliabile, oppure per creare delle suture “strategiche” dei bordi inferiori della capsula periprotesica;
  • Flebite di Mondor. Raramente è stata descritta una trombosi delle vene superficiali della mammella. Si presenta come un cordone duro, arrossato dolente lungo il decorso della vena toracoepigastrica. Si risolve spontaneamente in alcune settimane, o meno se si pratica fisioterapia, talvolta si risolve ricorrendo semplicemente ad una trazione cutanea, ma desta preoccupazione nella paziente;
  • Waterfall deformity: ovvero discesa fisiologica della pelle al di sotto dell’impianto, per effetto della forza di gravità, cambiamenti ormonali e ponderali. Può essere necessario un intervento correttivo;
  • Bottoming out: dislocazione dell’impianto al di sotto del solco sottomammario;
  • Animation deformity: distorsione della protesi al momento della contrazione del muscolo pettorale. Se grave, può essere necessario un intervento correttivo;
  • Asimmetria residua tra le due mammelle.

L’aumento del seno di solito non interferisce con l’ allattamento al seno, e non vi è alcuna prova di notevoli quantità di silicone passato nel latte materno.

Subito dopo l’intervento le mammelle saranno gonfie e potranno apparire più grandi di quanto ti aspettavi.

L’effetto migliorativo comunque risulta immediatamente apprezzabile, con enorme soddisfazione della paziente.

Di solito c’è una differenza nella consistenza della pelle e ipoestesia del capezzolo a seguito dell’intervento.

La dimensione e la forma del seno si adattano con il tempo. I risultati definitivi vanno pertanto valutati dopo 6 mesi.

Non è sempre possibile creare uno stesso seno per toraci diversi. Questo dipende dalla forma della gabbia toracica.

Una gabbia toracica molto curva con sterno prominente rende la creazione di una scollatura profonda difficoltosa.

L’aumento del seno lascia cicatrici sul seno seppur nascoste dalle pieghe naturali: l’aspetto delle cicatrici può variare tra individui diversi.

Questo segno verrà collocato in una posizione tale da ridurre al minimo la visibilità anche indossando un costume da bagno.

Alcune pazienti con la tendenza alla cicatrizzazione irregolare, possono sviluppare cicatrici arrossate, rilevate o allargate nonostante la massima cura prestata nelle suture.

Esse possono essere corrette con trattamento medico o con intervento dopo 6-12 mesi dall’intervento.

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Foto di alcuni interventi eseguiti

Le immagini e i video sono stati pubblicati a scopo scientifico-divulgativo previo consenso da parte dei pazienti del Dr. Grassetti.

I risultati individuali possono variare, ogni paziente è unico, nessuna tecnica è mai identica per tutti i casi. Le foto e i video del prima e del dopo, non garantiscono che i vostri risultati saranno gli stessi, o simili.

Ciascuno infatti avrà un risultato unico nel suo genere. 

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